Avatar_locandina
di Jessica Andracchio

 

Avatar è un film di fantascienza del 2009 diretto, scritto, sceneggiato, prodotto e co-montato da James Cameron. È il film con più incassi nella storia del cinema.

 


Trama

Nell’anno terrestre 2154, una compagnia terrestre interplanetaria chiamata RDA è al lavoro per sfruttare i giacimenti e le miniere di Pandora, luna del pianeta Polifemo, che fa parte del sistema stellare Alfa Centauri.
Pandora è composta quasi esclusivamente da foreste pluviali e i suoi abitanti, i Na’vi, sono umanoidi che vivono in simbiosi con la natura.
Dal momento che gli esseri umani non possono respirare l’aria presente su Pandora, gli studiosi hanno inventato gli Avatar, ovvero dei corpi ibridi a metà tra i Na’vi e gli umani che vengono connessi alla coscienza di questi ultimi. Questi esseri vengono controllati dagli umani mentre sono in una specie di coma.
L’organizzazione RDA ha intenzione di sfruttare il satellite per estrarne l’unobtanium, un materiale cristallino di natura ferrosa che agisce come superconduttore e che ha il campo magnetico più forte tra tutti i metalli conosciuti; il suo utilizzo potrebbe risolvere molti dei problemi presenti sulla Terra da decenni. Risulta però essere anche indispensabile per i Na’vi, cosa che rende necessario un accordo con la popolazione. Quest’ultima, però, sembra non voler scendere a patti con la dottoressa Grace Augustine; nel frattempo, perciò, il dirigente Parker Selfridge e il colonnello Quaritch stanno preparando un attacco militare contro i Na’vi.
Nel frattempo, Jake Sully, un ex militare rimasto invalido, viene convocato dalla RDA per prendere il posto di Tommy, suo fratello, morto durante una rapina. Il suo compito era quello di guidare un Avatar ottenuto con il suo codice genetico; essendo Jake suo fratello gemello, il codice combacia ed egli è l’unica persona rimasta in grado di controllare il suo Avatar. Nonostante Jake non sappia nulla riguardo Pandora né riguardo la missione, il suo compito è semplice: deve fornire informazioni riguardo il satellite e, in cambio, otterrà un’operazione che gli farà riavere le gambe.
Preso possesso dell’Avatar del fratello, con il quale può provare l’ebbrezza di utilizzare nuovamente le gambe, Jake si imbatte in Neytiri, una guerriera Na’vi, che si dimostra interessata a lui. Jake manifesta l’intenzione d’imparare gli usi e i costumi della popolazione Na’vi, quindi i due cominceranno un percorso alla scoperta del mondo di Pandora.
Alla fine, la tribù di Neytiri accoglie Jake, che finisce per innamorarsi di lei; nonostante questo, il villaggio dei Na’vi viene attaccato dagli umani sotto il comando del colonnello Quaritch e l’albero enorme in cui viveva la tribù viene distrutto. Jake viene abbandonato sia dai Na’vi, che lo ritengono un alleato degli umani, sia da questi ultimi, che lo ritengono un traditore; grazie all’aiuto di Grace e dell’elicotterista Trudy, però, Jake riesce a riconnettersi nuovamente al suo Avatar e a tornare su Pandora.
Per riconquistare la fiducia dei Na’vi, Jake tenta un’impresa considerata impossibile: vuole affrontare il Leonopteryx, un essere enorme che domina Pandora, e domarlo.
Quando Jake riesce nell’impresa e, quindi, quando ottiene nuovamente la fiducia dei Na’vi, forma delle squadre composte da diverse tribù e prepara un contrattacco difendendo la popolazione dagli umani. Il colonnello Quaritch viene ucciso dalle frecce di Neytiri, e la battaglia viene vinta dai Na’vi, che obbligano i militari rimasti ad abbandonare Pandora. Jake, invece, resta sul satellite, questa volta per sempre; partecipando ad una cerimonia sacra, abbandona il suo corpo umano e si trasferisce in quello Avatar.

 

I personaggi e gli attori principali

Sam Worthington interpreta Jake Sully, un ex militare ora disabile che entra a far parte del programma Avatar dopo che suo fratello gemello viene ucciso. Il suo passato tra i militari lo aiuta ad integrarsi tra i guerrieri Na’vi e a guadagnarsi la loro fiducia. Sam Worthington è stato selezionato dopo una ricerca a livello globale di un attore che non fosse estremamente famoso, sia per una questione di budget (Cameron voleva spendere il meno possibile per gli attori, per dare la precedenza agli effetti speciali e alle varie tecnologie usate per il film) sia per una questione di realismo. Cameron ha quindi scelto Worthington dopo due provini, mentre l’attore australiano in quel periodo viveva nella sua macchina. In effetti, la performance di Worthington in Avatar rende l’idea del “pesce fuor d’acqua” che non si preoccupa granché di esserlo; Jake Sully è un ragazzo che, nonostante le grandi difficoltà incontrate nel corso della vita, non si perde d’animo e non ha problemi a confrontarsi con scienziati e studiosi senza sapere praticamente nulla dell’argomento. Come dice lo stesso Cameron, l’attore australiano offre una performance che ha la qualità di essere “veramente vera”, e che ci fa immedesimare nel protagonista, che non è uno scienziato o un comandante ma un ragazzo normale, allegro al punto di non stare molto attento alle conseguenze delle sue azioni ma che, alla fine del film, diventa un eroe e cambia il mondo.
Ha l’aspetto di un ragazzo con il quale prenderesti volentieri una birra”, dice Cameron, “ma che alla fine diventa un leader che trasforma il mondo intero”.
Sam, come si può immaginare, interpreta anche la parte del gemello morto di Jake, ovvero Tom.

Stephen Lang è il Colonnello Miles Quaritch, il capo delle operazioni di estrazione mineraria. È leale e quasi ossessionato dal suo codice militare, ed è razzista nei confronti degli abitanti di Pandora, del loro linguaggio e della loro cultura. Questo aspetto del Colonnello è perfettamente catturato dalla recitazione di Lang, che sembra proprio rispettare il cliché del militare duro, senza scrupoli ed eccessivamente amante della sua patria.
Lang aveva fatto il provino per un altro film di Cameron, ovvero Alien (1986), ma non era stato preso. Il regista, però, ha ricordato la sua performance e lo ha richiamato appositamente per questo ruolo in Avatar. Cameron aveva preso in considerazione anche Michael Biehn, ma alla fine il ruolo di Quaritch è stato affidato a Lang, anche per dare un’opportunità ad un attore con cui non aveva ancora lavorato.

Sigourney Weaver interpreta la Dottoressa Grace Augustine, una esobiologa a capo del programma Avatar. Augustine vorrebbe provare un approccio diplomatico con i Na’vi, ed infatti crea anche delle scuole nelle quali la popolazione di Pandora può imparare l’inglese. Il personaggio di Grace è quello di una donna forte e decisa che non si lascia corrompere e che è pronta a rischiare tutto per non andare contro i suoi ideali; Weaver sembra essere nata per questo ruolo, sia per il suo aspetto da “dura con il cuore tenero”, che per le sue doti recitative. Risulta istintivamente affidabile, sia dal lato umano che da quello professionale, e la sua recitazione di questo ruolo è particolarmente spontanea.

Staff_Avatar

Michelle Rodriguez interpreta un personaggio per certi versi simile a quello di Grace Augustine, ovvero quello di Trudy Chacòn, una pilota di aerei che supportano il programma Avatar e che simpatizza per i Na’vi. Cameron desiderava lavorare con Rodriguez da quando ha visto la sua performance in Girlfight. Il personaggio di Trudy rappresenta un’altra donna forte e coraggiosa: palestrata, sportiva e dinamica, la fisionomia e il carattere di Rodriguez è proprio quello che ci si aspetta da un personaggio come Trudy, che resta devota ai suoi ideali fino al momento della morte, che affronta senza paura.

Interessante anche la performance di Giovanni Ribisi, che interpreta Parker Selfridge, l’amministratore delle operazioni minerarie della RDA. All’inizio sembra accettare di dover distruggere la popolazione Na’vi per gli scopi della compagnia, ma al momento dell’attacco comincia ad avere dei dubbi; lo autorizza dopo essere stato persuaso da Quaritch, ma sembra pentirsene dopo aver visto la violenza generata dagli umani. Anche qui, Ribisi incarna il cliché del dirigente che comanda a bacchetta e che non accetta fallimenti, ma che ha un lato umano che viene a galla verso la fine del film.

Passando a parlare dei Na’vi, abbiamo innanzitutto Zoe Saldana nel ruolo di Neytiri, la figlia del capo degli Omaticaya, la tribù di cui fa parte e quella principale della storia del film. È attratta da Jake per il suo coraggio, ma è frustrata dalla sua ingenuità e leggerezza. Il suo personaggio, come il resto dei Na’vi, è creato con la performance capture ed il suo aspetto è generato totalmente al computer. L’attrice ha firmato per degli eventuali sequel di Avatar, insieme a Sam Worthington. Per interpretare la parte, Saldana ha dovuto imparare abilità come il tiro con l’arco, l’equitazione e la lingua dei Na’vi, studiando quest’ultima proprio come fosse una lingua reale.
Nella performance capture, le espressioni facciali sono quelle che fanno realmente la differenza; l’abilità recitativa di Saldana è quella che spicca di più nel corso del film, e le sue espressioni sono uno degli elementi principali che tiene lo spettatore incollato al televisore. Nelle scene in cui Neytiri salta, ci sentiamo liberi; in quelle in cui è felice, ci fa tenerezza; in quelle in cui soffre, ci viene quasi voglia di guardare altrove. La sua performance è stata una delle più acclamate dalla critica e dagli spettatori.

Anche la famiglia e la tribù di Neytiri ci offre performance commoventi: la dolcezza di CCH Pounder nel ruolo di Mo’at, guida spirituale degli Omaticaya e madre di Neytiri; la saggezza di Eytucan, interpretato da Wes Studi, padre della protagonista e leader della tribù; il coraggio di Tsu’tey, il guerriero più potente degli Omaticaya e l’originale promesso sposo di Neytiri, interpretato da Laz Alonso. Ognuno di questi attori ha offerto una performance emozionante, che arriva dritta al cuore dello spettatore; induce un misto tra la tenerezza di un popolo ancora allo stadio iniziale della sua evoluzione, e il rispetto per una cultura così lontana da quella umana.

Infine, ecco la consueta lista degli attori e dei rispettivi personaggi presenti in Avatar.

Sam Worthington: Jake Sully

Zoe Saldana: Neytiri

Stephen Lang: col. Miles Quaritch

Michelle Rodriguez: Trudy Chacón

Sigourney Weaver: Dr.ssa Grace Augustine

Laz Alonso: Tsu’tey

Joel David Moore: Norm Spellman

Giovanni Ribisi: Parker Selfridge

CCH Pounder: Mo’at

Wes Studi: Eytucan

Dileep Rao: Dr. Max Patel

Matt Gerald: Lyle Wainfleet

 

 

Gli argomenti

Avatar è un capolavoro di tecnologia e di effetti speciali, che creano un’ambientazione fantastica e magica. In quest’atmosfera vediamo una delle passioni di Cameron, ovvero quella per il mondo marino: i fiori dell’albero-casa dei Na’vi assomigliano a delle meduse, ed in generale tutta la foresta di notte s’illumina come fanno i pesci negli abissi. Avatar, indipendentemente dalla trama, può essere considerato un capolavoro anche solamente per l’aspetto scenico, che ha impiegato tutta la tecnologia digitale disponibile in quegli anni e ha creato un film senza precedenti (né, al momento, successori).
I temi fondamentali del film, in realtà, sono quelli a cui siamo già abituati: l’amore, la diversità, la lotta per ottenere la pace e l’avarizia dell’uomo.
Come nella maggior parte dei film, infatti, il protagonista conosce un personaggio che diventerà il suo interesse amoroso; in questo caso, il processo è un po’ più interessante da guardare, visto che si tratta di una razza aliena e il modo di amare della Na’vi protagonista è totalmente diverso a quello a cui siamo abituati noi umani.
Proprio questa diversità è un altro dei temi fondamentali della pellicola che, nonostante parli di una popolazione aliena, può essere una perfetta analogia con il razzismo che contraddistingue la specie umana. I Na’vi sono una popolazione che vive in modo molto più semplice rispetto a come fanno gli esseri umani, ed infatti sono ancora organizzati in tribù e clan. Cacciano, vivono in mezzo alla natura e non hanno stravolto quest’ultima per costruire centri commerciali; non sono neanche pienamente consapevoli del potenziale dell’unobtanium, il minerale a cui è interessata la RDA. Proprio per questa loro semplicità sono visti come selvaggi dagli esseri umani, che non si fanno alcuno scrupolo a programmare il loro sterminio, dando il via ad una lotta che causa la perdita di molteplici vite umane e Na’vi; il tutto, in onore del dio denaro.
Tutto sommato, il film sembra voler toccare svariati temi senza però riuscire ad approfondirne nessuno; è palese che lo scopo principale della pellicola sia di essere visivamente piacevole, attraverso l’utilizzo di tecnologie che andremo a spiegare più avanti. Probabilmente per non risultare pesante o buonista, Avatar accenna a tematiche come il razzismo, la difesa dell’ambiente e l’invalidità senza però svilupparle. Abbiamo quindi una razza contro l’altra (umani e Na’vi), la corsa all’unobtanium come fonte energetica che potrebbe salvare la Terra e un protagonista sulla sedia a rotelle. Quest’ultimo punto, in verità, avrebbe potuto essere sviluppato meglio; Jake non ha bisogno di essere invalido ai fini della trama, perciò è un’aggiunta che ci si aspetta di veder spiegata e approfondita, cosa che invece non avviene. Neanche la psicologia degli altri personaggi viene toccata, perché viene comprensibilmente dato spazio all’azione e agli effetti speciali, che bastano ed avanzano a renderlo un film godibile dal pubblico di tutte le età.

 

Differenze con la realtà

Nonostante in questo caso non si stia parlando di una biopic o di un film riguardo qualcosa che esiste nella realtà, possiamo comunque fare una parentesi per parlare delle “differenze con la realtà”, o meglio quello che nella nostra realtà non avrebbe senso.
differenze_AvatarAlcuni dettagli del film sono scientificamente accurati: ad esempio, Pandora è più piccola e perciò la gravità è minore rispetto a quella della Terra, cosa che permette ai Na’vi di essere particolarmente agili, a vari fiori di fluttuare, a vari animali di volare nonostante l’apertura alare non sia adeguata al volo e alle piante di crescere per svariati metri.

Ci sono, però, degli “errori” che possiamo individuare paragonando il mondo di Avatar al nostro. Sappiamo che Pandora è la luna di un gigante gassoso che orbita attorno alla stella più vicina a noi, e sappiamo che l’uomo ha impiegato 5 anni ad arrivare su Pandora, tutto ciò per poter prendere l’unobtanium. Il problema sta nel fatto che Alfa Centauri dista 4.37 anni luce dalla nostra Terra; l’energia necessaria per portare una navicella grande come quella che vediamo nel film alla velocità della luce su Alfa Centauri in soli 5 anni è immensa. L’unobtanium è una risorsa utilissima anche per i motori iperspaziali; ne consegue che, per permettere all’uomo di arrivare su Alfa Centauri in 5 anni, lo spreco di energia e perciò di unobtanium sia quasi maggiore delle risorse minerarie che riescono effettivamente ad arrivare sulla Terra, poiché la maggior parte viene utilizzata proprio per permettere alla navicella di volare alla velocità della luce. Il viaggio, perciò, risulterebbe essere inutile.

Un altro aspetto scientificamente problematico è quello del link, ovvero del collegamento del corpo umano a quello dell’Avatar, che è un ibrido creato in laboratorio. Non sappiamo esattamente quali processi vengano impiegati per creare questo ibrido; sappiamo, però, che il protagonista, Jake, si trova alla RDA perché ha il DNA più compatibile a quello del fratello morto, specialmente per quanto riguarda il cervello, ed è perciò l’unico in grado di utilizzare il suo Avatar.
Il problema in questo caso sta nel fatto che non basta essere fratelli, e neanche gemelli omozigoti, per avere due cervelli simili; il nostro cervello si sviluppa nel corso della nostra vita, in base a quello che facciamo, ed infatti è l’organo che dipende meno dal nostro DNA. Jake e suo fratello hanno avuto due vite totalmente diverse e, perciò, hanno imparato abilità diversissime tra loro; i loro cervelli, quindi, non avrebbero potuto essere più diversi, ed il link nella realtà non sarebbe stato compatibile con Jake. Suo fratello, essendo uno scienziato, avrebbe potuto essere sostituito perfettamente da un altro scienziato, con le sue stesse esperienze e perciò con un cervello molto più simile al suo.

Un altro problema relativo agli Avatar è quello della manualità. Appena Jake entra in possesso del suo nuovo corpo, si alza dal lettino, comincia a correre e a muovere la coda. Nella realtà, sarebbero serviti molti mesi prima che il corpo di Jake si abituasse innanzitutto a riavere le gambe, dopodiché a muovere la coda. Facciamo un esempio: molte persone sanno muovere le orecchie o le sopracciglia a comando, mentre molte altre non riescono a farlo neanche dopo aver provato per mesi. Eppure, ognuno di noi ha sia le orecchie che le sopracciglia; pensate quindi come risulterebbe difficile imparare a muovere la coda, che nessun essere umano possiede!

L’ultimo fatto scientificamente incorretto sul quale volevo porre l’attenzione riguarda l’evoluzione. La vita su Pandora è estremamente simile alla nostra, tant’è che la prima cosa che vediamo nella pellicola sono molteplici piante, tra le quali spiccano delle felci.
Ci troviamo su un altro pianeta, anzi, sul satellite di un altro pianeta; la vita, in questo luogo, si è evoluta indipendentemente da noi, perciò gli abitanti, la flora, la fauna, le usanze e le strutture sociali dovrebbero essere totalmente diverse da quelle a cui siamo abituati. Statisticamente parlando, è praticamente impossibile che la nostra evoluzione e quella su un altro pianeta abbiano avuto le stesse fasi, con gli stessi risultati. Nonostante ciò, i Na’vi sono ominidi, i loro animali sono molto simili ai nostri, come anche le loro piante; la loro organizzazione sociale è una tribù ed hanno addirittura le nostre stesse armi, per non parlare dell’ombelico, che presuppone che la loro riproduzione avvenga similmente a quella umana.

Ovviamente, il motivo per il quale questi parametri non sono stati rispettati è molto semplice: il pubblico doveva immedesimarsi nella popolazione Na’vi, cosa che sarebbe risultata molto difficile se questi fossero stati, ad esempio, mostri tentacolari giganti. È normale che per realizzare un film ambientato in un universo così vasto e complesso, molti dettagli vengano ignorati per dare spazio ad altro; nonostante questo, sono molto curiosa di vedere se alcuni di questi “scivoloni” scientifici verranno recuperati nei sequel.

Approfondimento: la tecnologia di Avatar

Avatar è una produzione senza precedenti per quanto riguarda il punto di vista tecnologico; basti pensare che molte sale cinematografiche in tutto il mondo hanno dovuto adattarsi al 3D per poterlo proiettare.
La pellicola è costata circa 500 milioni di dollari, il che rappresenta una sfida immensa, nonostante il successo di Titanic come precedente di Cameron.
Durante un’immersione con Vincent Pace, specialista di riprese subacquee, Cameron aveva chiesto quale fosse “il sacro graal di tutte le videocamere”, ovvero un apparecchio ad alta definizione per lungometraggi in due e tre dimensioni. All’epoca, la risposta di Pace prendeva in considerazione solamente i famosi occhiali 3D rossi e blu, che provocavano più danni che altro, se i proiettori non erano perfettamente calibrati. Cameron, però, voleva trovare una soluzione migliore: qualcosa che fosse manovrabile, digitale, ad alta risoluzione e in 3D.
Cameron ha perciò ideato una telecamera completamente nuova, che garantisse la migliore resa visiva in funzione degli effetti speciali e del 3D; questa tecnologia, però, non ha visto il suo esordio con Avatar, bensì con Missione 3-D: Game over, di Robert Rodriguez, girato utilizzando proprio la videocamera ideata da Cameron.
Il regista, inoltre, voleva creare delle razze aliene da zero e, per farlo, avrebbe dovuto servirsi della tecnologia della motion capture, che aveva osservato ne Il Signore degli Anelli e, nello specifico, nel personaggio di Gollum.
Andiamo quindi a vedere le principali tecnologie che sono state utilizzate per lo sviluppo di Avatar.

Performance Capture tramite CGI: Cameron ha usato ampiamente la CGI (Computer Generated Imagery) in Avatar. Si è servito di questa tecnologia anche in film come Terminator 2 e Total Recall, ma per Avatar ha usato una tecnica specifica chiamata “cattura del movimento facciale”, che richiede agli attori d’indossare delle attrezzature equipaggiate con una telecamera. Mentre gli attori recitano, la telecamera trasmette i movimenti facciali ai personaggi virtuali. Dal momento che il movimento di questi avatar virtuali è una replica di quello degli attori reali, il risultato è estremamente realistico. Un database di mocap (abbreviazione del termine inglese “facial motion capture”) facciale descrive le coordinate dei punti di riferimento sulla faccia dell’attore; questi punti sono letteralmente dei puntini disegnati sul viso della persona, e possono arrivare ad essere 350. Il loro movimento viene tracciato da camere ad alta risoluzione, e permette di guidare le espressioni facciali dei personaggi.
La tecnologia della motion capture è capace di registrare le performance degli attori sotto ogni punto di vista; questo consente agli attori di recitare come farebbero normalmente e di essere più liberi nelle espressioni e nei movimenti, dal momento che nel prodotto finale avranno un aspetto totalmente rivoluzionato rispetto a quello delle riprese.
Questo sistema, operando in tempo reale, permette inoltre al regista di osservare un prototipo del risultato finale della scena.
Nonostante, con questa tecnologia, sia possibile modificare la posizione dei marcatori posti sui volti degli attori di modo da far fare loro delle espressioni che durante la registrazione non hanno fatto, Cameron non si è mai servito di questa possibilità per non perdere la naturalezza della recitazione.
Questa tecnologia si serve di specifici algoritmi per unire le curve generate dai marcatori per creare i movimenti muscolari; completata questa fase, si ottiene una struttura poligonale per i personaggi, dopodiché si tratta solo di applicare ulteriori filtri ed effetti di post-produzione.
Per quanto riguarda i paesaggi, il funzionamento è lo stesso: nonostante Avatar sia stato girato in un enorme magazzino vuoto di oggetti ma pieno di marcatori, Cameron ha potuto osservare nel visore digitale il mondo di Pandora, permettendogli di mantenere il suo stile durante le riprese.

Animazione digitale: le animazioni che vediamo nel film sono state tutte create da Weta Digital, la compagnia di effetti speciali di Peter Jackson. Un enorme team composto da svariati artisti ha lavorato costantemente per trasferire i rendering alle immagini fotorealistiche nel corso di un anno. L’effetto che vediamo nella pellicola è stato ottenuto renderizzando ogni singola foglia, fiore e roccia individualmente, con i metodi più innovativi nelle tecnologie del rendering, dell’illuminazione e dell’ombreggiatura.
Ci sono varie tecniche di animazione digitale, che hanno come punto in comune l’utilizzo del computer. Abbiamo l’animazione 2D, quella flash ed infine quella in 3D che, assieme alle tecniche di rendering, è quella utilizzata in Avatar. I modelli 3D vengono rivestiti con delle texture e colorati; vengono poi preparate delle imbracature digitali che permettono la movimentazione del modello (questa fase è chiamata rigging), effettuata da un animatore. Fanno parte dell’animazione 3D anche la morph target animation, la skeletal animation, la crowd simulation e la già citata motion capture.

Fusion Camera System: La FCS è una macchina da presa digitale sviluppata da James Cameron e Vince Pace, di cui abbiamo parlato all’inizio di questo discorso. È stata sviluppata in modo da catturare i dettagli con il 3D stereoscopico, ovvero in maniera tridimensionale. Si tratta di una tecnologia che permette di vedere i film con i famosi occhialini colorati, ovvero occhiali stereoscopici. Questi film solitamente sono disponibili sia in versione 3D che in versione normale, visibile senza problemi anche senza occhiali, come fu anche il caso di Avatar.
Per realizzare queste riprese, le scene del film devono essere viste da due telecamere, una che avrà la visuale dell’occhio sinistro, e una per l’occhio destro. Le due riprese vengono poi sovrapposte, che è il motivo per il quale vedendole senza gli appositi occhiali queste scene risultano sdoppiate.
I due obiettivi della Fusion Camera System di Cameron simulano il comportamento del sistema visivo umano; infatti, la distanza tra i due obiettivi è la stessa distanza che c’è tra un occhio e l’altro negli esseri umani. Per creare questo sistema, Cameron ha messo insieme due Sony HDCF950 HD.

Simulcam: quelle che all’epoca erano le più recenti invenzioni tecnologiche nel campo delle riprese, ovvero la Simulcam e la Virtual Camera, hanno avuto un ruolo molto importante nello sviluppo di Avatar. Si tratta di due Simulcamsistemi che combinano le migliori caratteristiche del 3D e del CGI; infatti, sappiamo che gran parte delle scene sono basate sulla Performance Capture, e la Simulcam ha aiutato a generare i movimenti corporei in tempo reale sulla riproduzione virtuale della scena, poiché consente di sovrapporre in tempo reale le riprese della Performance Capture e quelle della telecamera principale. Questo significa che, in caso di una scena con un Na’vi e un umano, il regista poteva vedere in tempo reale la ripresa in perfetto sincrono di entrambi i personaggi, grazie alla performance della Simulcam.
Molte delle incombenze che di solito vengono relegate alla post-produzione, perciò, sono state risolte contemporaneamente alle riprese di Avatar; allo stesso modo, molte delle modifiche digitali che avrebbero dovuto essere elaborate successivamente hanno potuto essere gestite in tempo reale.

 

Considerazioni sul film

Lo abbiamo già detto che Avatar è un capolavoro di tecnologia e tecniche innovative? Domanda retorica, ovviamente. Lo ripeto: Avatar è un capolavoro tecnologico. Per “capolavoro” intendo, nel vero senso della parola, un’opera che eccelle sotto specifici punti di vista, la massima espressione artistica di un autore. In questo caso, Avatar eccelle dal punto di vista scenico e tecnico, ed è la massima espressione artistica di James Cameron, che comunque ci ha regalato altre perle nel corso della sua carriera da regista, sceneggiatore, produttore e montatore (ad esempio, Titanic o il recentissimo Alita – Angelo della battaglia).
Questo non significa che Avatar sia “il” film, perfetto sotto ogni punto di vista; anzi, probabilmente è l’opposto di quello che voglio dire.
Mi spiego subito: Avatar è un film per il quale non si è badato a spese sul lato tecnico (riprese, montaggio, impiego delle ultime tecnologie); tuttavia, questo ha inevitabilmente portato ad una minore attenzione verso altre cose altrettanto importanti in un film, come ad esempio la trama.
Quest’ultima, infatti, risulta abbastanza banale; come già accennato, si tratta sostanzialmente di una storia d’amore tra due persone appartenenti a due popoli totalmente diversi. Molte recensioni hanno paragonato Avatar a Pocahontas, ad esempio, e nonostante i due film nel complesso risultino parecchio diversi, non si può non ammettere di trovare svariate somiglianze; basti pensare al “conquistatore” che s’innamora di una ragazza appartenente alla tribù da conquistare.
Se ad Avatar togliamo il budget, resta un film che pochi di noi andrebbero a vedere al cinema; se si diminuisce il budget e si migliora di molto la trama, rimane comunque una pellicola apprezzabile come tante altre.
Lo scopo di Avatar, però, non era quello di creare una trama originale o di trattare argomenti di nicchia; al contrario, Cameron aveva un intero pianeta in mente e voleva portarlo sul grande schermo. Un pianeta (o meglio, un satellite) fatto di bioluminescenza, di natura incontaminata e di comunione con ogni essere vivente. Per realizzarlo, ha preteso le migliori tecnologie in circolazione e ne ha create di nuove; il risultato, perciò, è letteralmente un capolavoro imperdibile che, a distanza di dieci anni, resta il film che ha incassato di più nella storia del cinema.
Lo consiglio? Sì; nonostante siano poche le persone che non hanno visto Avatar, v’invito a guardarlo e a riguardarlo immaginandolo come una di quelle poesie che i ragazzi studiano a scuola; gli argomenti sono triti e ritriti, ma il mondo in cui l’autore di una poesia decide di fissare i suoi pensieri sulla carta è unico, inimitabile e perciò si deve osservare sotto ogni punto di vista – specialmente quello tecnico.

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