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Tecnologia e insetti, un binomio vincente

Tecnologia e insetti, due cose apparentemente molto diverse tra loro, in realtà s’incontrano spesso nel mondo della sperimentazione scientifica e tecnologica; tra le tecnologie che mirano ad aiutare il mondo degli entomi, quelle che tentano di imitarlo e quelle che ne “prendono in prestito” delle parti, andiamo a vedere quali sono alcune delle invenzioni nate da questo strano binomio.

Discover The Impressive Bionic Insects From Insect Labs (Photo Gallery)

La storia degli insetti-droni

Già all’epoca di Leonardo Da Vinci, s’ipotizzava di poter usare la morfologia degli uccelli per creare l’”ornitoptero”, una macchina per volare. Ai tempi, però, le conoscenze di aerodinamicità non erano sufficienti per immaginare quelli che oggi sono gli insetti-droni; si tratta di droni alati, dal peso variabile, capaci di trasportare oggetti, volare all’interno di palazzi e case in qualsiasi tipo di clima. I primi ad avere quest’idea furono Richard Guiler e Tom Vaneck, due ingegneri statunitensi, che svilupparono dei microrobot volanti ispirati proprio agli insetti.

Per permettere a questi piccoli robot di funzionare correttamente, era necessario studiare il volo degli insetti; nel 1970, lo zoologo danese Torker Weis Fogh analizzò il “flapping”, il movimento tipico delle ali degli insetti. Dallo studio del flapping, lo zoologo trasse la teoria generale del volo chiamata “effetto del battito e del volo”, spiegando con precisione il modo in cui gli insetti riuscivano a sollevarsi e a restare in aria. Quando l’insetto sbatte le ali tra loro, spinge lontano l’aria, generando una tasca di bassa pressione; quando l’aria torna a rifluire all’interno della tasca, genera un piccolo vortice, ed è quest’ultimo che permette all’insetto di volare.

Vent’anni dopo…

Dopo vent’anni dalle teorie di Fogh, è stato possibile utilizzare le tecnologie computazionali per conciliare l’effetto del battito e del volo all’informatica; questo permise a Charles Ellington di creare un’ala robotica che mimava quella di una falena falco, mentre Michael Dickinson ne costruì una simile a quella di un moscerino.

Queste ali vennero sottoposte a svariati esperimenti, e nel 1998 Dickinson venne incaricato di applicare i risultati degli esperimenti ad un robot delle dimensioni di una mosca. Questo compito venne passato a Rob Wood, che sviluppò la tecnica di assemblaggio tramite pinzette per fabbricare le minuscole parti del robot. Nel corso degli anni, Wood proseguì questo tipo di studi e, utilizzando giroscopi che mimavano i sensori degli insetti, creò dei sistemi capaci di miniaturizzarne di più complessi.

Il primo microrobot assemblato nacque nel 2006; era un drone con un’apertura alare di tre centimetri e un peso di circa sesssanta milligrammi. Il robot riuscì ad alzarsi in volo per svariati secondi, e Wood divenne il pioniere del volo robotico in microscala.

HAMR

HAMR micro-robot now walks on – or under – the waterAmbulator Microrobot, o HAMR, è un piccolo robot creato dal Wyss Institute dell’università di Harvard. Questo minuscolo robot è in grado di correre, arrampicarsi, infilarsi in piccole buche o spaccature del terreno, nuotare, camminare sott’acqua e persino trasportare piccoli carichi. Per compiere tutte queste attività, i suoi creatori lo hanno fornito di piccole zampe, che gli consentono di sfruttare la tensione della superficie e scivolare sull’acqua.

Come molti insetti possiede anche quattro coppie di ali asimmetriche, che hanno il compito di “remare” in superficie, di curvare e di avanzare in maniera simile a quella del ditisco, una specie di coleottero. HAMR pesa veramente poco, all’incirca quanto una graffetta che utilizziamo per tenere fermi dei documenti. Il suo peso, le sue dimensioni e le sue abilità lo rendono un candidato ideale nell’utilizzo come ricognitore in operazioni di salvataggio o ricerca, specialmente se si tratta d’intrufolarsi in ambienti pericolosi o difficilmente raggiungibili.

GoPro per insetti

All’Università di Washington, i ricercatori hanno sviluppato una minuscola telecamera che ci permette di vedere il mondo dagli occhi degli insetti. Si tratta di una telecamera wireless orientabile che trasmette i video su uno smartphone, da uno a cinque fotogrammi al secondo; è montata su un altrettanto piccolo braccio meccanico che può ruotare di sessanta gradi. Il sistema pesa circa 250 grammi ed è stato montato su scarafaggi vivi e liberi di girare a loro piacimento; per imitare la visione dell’animale, inoltre, i ricercatori hanno usato una fotocamera in bianco e nero a bassissima potenza.

La “GoPro” per insetti deve essere applicata su di essi come fosse un piccolo zainetto; lo scopo di mandare in avanscoperta un animale così piccolo è quello di esplorare ambienti che l’uomo non può raggiungere e, per questo motivo, i ricercatori preferiscono rendere la videocamera sempre più piccola ed efficace, piuttosto che curare la qualità delle foto e dei video.

RoBeetle

Questo piccolo robot, dalle fattezze simili a quelle di una zecca, è stato sviluppato dall’Università della California Meridionale. È un robot strisciante, grande quindici millimetri e dal peso di ottantotto milligrammi, ed è alimentato tramite la combustione catalitica del metano. L’uso di questo carburante liquido ha permesso di ovviare al problema delle batterie, troppo ingombranti e pesanti da utilizzare per un microrobot.

Il metano è quindi utilizzato per alimentare il sistema muscolare di RoBeetle; questa muscolatura artificiale è costituita da fili in una lega di nichel-titanio chiamata nitinolo, che si contraggono quando vengono riscaldati. La contrazione e la distensione di questi pseudo muscoli permettono al robot di spostarsi “gattonando” su diversi tipi di superfici; piane, inclinate, ruvide o lisce. RoBeetle ha un’autonomia di circa due ore e può trasportare fino a quasi tre volte il suo peso. Anche questo microrobot può rivelarsi un ottimo alleato per l’ispezione di infrastrutture, il monitoraggio ambientale o, addirittura, attività come l’impollinazione artificiale.

Impollinazione artificiale

Pollination Drones Seen as Assistants for Ailing BeesRicollegandoci al RoBeetle, la domanda sorge spontanea: i microrobot sostituiranno l’impollinazione naturale? La risposta è: speriamo tutti di no. Film e telefilm come Black Mirror (e la sua famosa puntata sulle api artificiali) ci hanno portato a pensare che lo scopo dei ricercatori sia quello di sostituire insetti, animali e persino esseri umani; la realtà, però, è che non esiste vita senza le api, e il compito degli studiosi è quello di migliorare la vita degli esseri umani, cosa impossibile se questi ultimi sono condannati all’estinzione, in seguito a quella delle api e degli altri impollinatori.

Per questo si sta sperimentando l’impollinazione artificiale, applicabile in natura con l’uso di droni. Uno dei metodi per la creazione di questi droni è quello di applicare ad essi dei peli in nylon rivestiti da un gel a liquido ionico (ILG); questo materiale ha un potere adesivo semi-aderente che permette di raccogliere e rilasciare polline costantemente nel tempo, senza danneggiare i fiori. Inoltre, questo gel è impermeabile e compatibile con l’ambiente; utilizzandolo con dei droni di dimensioni di 42x42x22 millimetri e con massa inferiore a 15 grammi, il tasso di successo di raccolta del polline è stato del 53%.

Un tasso di successo più basso (41%) è stato raggiunto applicando l’ILG su insetti vivi, rendendoli funzionali per l’impollinazione artificiale senza danneggiare gli animali e senza impedirgli di volare.
Inserendo composti fotosensibili all’interno dell’ILG, si consente un efficace mimetismo, sia sugli insetti vivi che sugli stessi droni.

Ad oggi, la strada dell’impollinazione artificiale attraverso i robot appare poco vantaggiosa rispetto a quella di “modificare” insetti vivi; ad ogni modo, lo scopo di questi studi è quello di integrare le tecnologie all’attività degli impollinatori, e non di sostituirsi ad essi.

 

 

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