Blade Runner 2049 è un film di fantascienza del 2017 diretto da Denis Villeneuve. Si tratta del seguito di Blade Runner, film del 1982 diretto da Ridley Scott. La sceneggiatura è basata sui personaggi del romanzo Il Cacciatore di Androidi di Philip K. Dick.


Trama

Siamo nell’anno 2049. È stata messa al bando la produzione di replicanti Nexus dopo la loro ribellione, e la Tyrell Corporation, l’azienda che li produceva, ha dichiarato bancarotta. In questo modo si fa strada Niander Wallace, con le sue industrie che producono colture sintetiche per l’alimentazione dell’uomo, e con la reintroduzione di nuovi replicanti assolutamente obbedienti nella società. I Blade Runner, il corpo di polizia composto da questi nuovi replicanti, ha l’ordine di trovare e ritirare vecchi Nexus ancora in circolazione, per evitare nuovi conflitti.

Proprio di questa squadra fa parte K che, all’inizio del film, va a ritirare un replicante di nome Sapper Morton, ex medico militare che vive da solo in una fattoria. Dopo una lotta con il Nexus, K trova una scatola sepolta sotto un albero vicino alla fattoria del vecchio replicante.
K torna a casa, dove ad attenderlo c’è “la sua ragazza”; si tratta di Joi, un’intelligenza artificiale olografica studiata e venduta per rappresentare la partner ideale. La relazione tra i due sembra però essere seria, e K decide di fare un regalo a Joi: un emulatore, che consente di far uscire Joi di casa, anche se sempre in forma olografica.
Nel frattempo, K viene richiamato al lavoro, poiché è stato ritrovato uno scheletro che si rivela essere quello di una donna morta a seguito di complicazioni durante un parto cesareo. K nota però che la donna era in realtà una replicante Nexus. Joshi, la superiore di K, è sconvolta dal ritrovamento, poiché i replicanti non possono avere figli. Ordina quindi di eliminare qualsiasi prova a riguardo, e chiede a K di trovare ed uccidere il figlio della replicante.

K si reca quindi alla sede della Wallace Industries, dove lo scheletro viene identificato come quello della replicante Rachael, che ebbe una relazione con Rick Deckard, un Blade Runner umano scomparso dal 2019. K non riesce però ad ottenere ulteriori informazioni a causa del black out del 2022, che cancellò molte delle informazioni contenute nei database.
Niander Wallace, fondatore della società, crede che i replicanti in grado di riprodursi rappresentino il primo passo verso le colonie extramondo, ed incarica quindi la sua fedele assistente replicante Luv di rubare i resti di Rachael e di pedinare K per arrivare al figlio della replicante.
K scopre nel frattempo che sull’albero vicino alla fattoria è incisa la data 6/10/21; questo lo sconvolge, poiché nei ricordi che gli sono stati impiantati è presente un cavallino con incisa la stessa data. K si reca quindi nel luogo relativo a questo ricordo e trova il giocattolo; comincia quindi a convincersi che i suoi siano ricordi reali e non impiantati, cosa di cui è convinta anche Joi.
K aveva inoltre controllato le nascite avvenute in quella data, scoprendo che Rachael aveva fatto nascere due gemelli, un maschio e una femmina, con lo stesso identico DNA; dei due, solo il maschio risulta ancora vivo. Il replicante si reca quindi da Ana Stelline, dottoressa specializzata nel creare ricordi da innestare ai replicanti che, a causa delle sue difese immunitarie bassissime, vive da anni isolata in una cupola.
Quando questa analizza il ricordo di K, gli conferma che si tratta di un ricordo reale; sconvolto dalla conferma, il replicante fallisce un test sulla sua natura obbediente e viene sospeso da Joshi, che lo lascia però andare quando K le dice di aver completato la missione e di aver ucciso il bambino.

K prosegue quindi le indagini da solo e, in seguito ad un’analisi del giocattolo di legno, arriva alle rovine post-apocalittiche di Las Vegas, dove trova Deckard. Quest’ultimo rivela a K (che ora, consigliato da Joi, si fa chiamare Joe) di aver aiutato i Nexus a nascondersi e di aver coperto le tracce di Rachael e del loro bambino, che non ha mai più visto.
I due vengono rintracciati da Luv, che aveva precedentemente ucciso Joshi e che durante lo scontro distrugge Joi, lascia K in fin di vita e rapisce Deckard. Il replicante viene soccorso da un gruppo di rivoluzionari, condotti da Freysa, che lo informa che l’erede di Rachael e Deckard è una femmina ed è proprio Stelline. Freysa ordina quindi a K di uccidere Deckard, per non permettergli di rivelare informazioni riguardo la rivoluzione.

Nel frattempo, Deckard si trova con Wallace, che si chiede se l’amore tra il Blade Runner e la replicante non fosse solo un esperimento di Tyrell. Deckard rifiuta di rispondere alle domande di Wallace e di aiutarlo, perciò Luv lo conduce in una zona isolata dell’extramondo per torturarlo ed estorcergli informazioni.
K li raggiunge e, dopo un combattimento, riesce ad uccidere Luv e a portare in salvo Deckard, che viene condotto alla dimora di Stelline e che viene dato morto da K per proteggerlo.
K muore a causa delle ferite riportate nello scontro finale, proprio sulla scalinata della struttura di Stelline.

Attori e personaggi principali

 

Ryan Gosling interpreta L’agente K, successivamente chiamato Joe. K è un replicante creato per obbedire agli ordini dei suoi superiori e per far parte dei Blade Runner. K è consapevole di essere un replicante e di avere dei ricordi che gli sono stati impiantati per renderlo più simile agli umani. Nel primo film abbiamo visto come Deckard, un Blade Runner umano, aveva paura di avere dei ricordi falsi; in questo, vediamo come un Blade Runner replicante crede di avere dei ricordi reali.
Il personaggio di K ha tutti gli elementi per risultare interessante e la sua storia, ricca di colpi di scena, è scorrevole ed intrigante. Tuttavia, la scelta di Ryan Gosling per questo personaggio non mi è piaciuta; Gosling mostra allo spettatore una varietà minima di emozioni, non importa in quali situazioni si trovi K. Spesso non si riesce a capire lo stato d’animo dell’agente: è triste? È arrabbiato? È deluso? È felice, innamorato? L’espressività di Gosling, in questa pellicola, è totalmente assente e, in molte scene, è addirittura frustrante.
Che sia stato fatto di proposito, per dare l’idea del robot, in quanto K è un replicante? Non credo. I replicanti sono quasi degli esseri umani veri e propri e, perciò, provano emozioni. Gli altri replicanti presenti nel film esprimono gioia, rabbia e tristezza, nonostante siano nati in laboratorio. Mi viene perciò da pensare che, semplicemente, Gosling non sia stata la scelta migliore.

Harrison Ford interpreta Rick Deckard. È un ex Blade Runner umano che si nasconde tra le rovine di Las Vegas. È il partner di Rachael e il padre di Ana Stelline, scienziata che crea ricordi fittizi per i replicanti.
Harrison Ford lo conosciamo un po’ tutti come attore, e raramente gli vengono mosse critiche. In questo caso, però, la mia critica non è diretta tanto a lui quanto piuttosto al regista, che avrebbe potuto lasciare un po’ più di spazio al personaggio di Deckard, importante nel primo film quanto nel secondo. Per com’è stato scritto il personaggio, l’interpretazione di Ford ricorda quella del classico signore anziano che urla ai bambini di stare lontani dal suo giardino, il che è un peccato.
Ford, inoltre, interpreta Deckard come un essere umano, mentre Ridley Scott e altri membri del cast ritengono che sia un replicante. Ad oggi, questo mistero non è stato ancora svelato, e in Blade Runner 2049 si è ancora incerti su quale sia la reale natura di Deckard.

Ana de Armas interpreta Joi, un’intelligenza artificiale che si manifesta in un ologramma, programmata per essere la perfetta partner.
Questa premessa dà vita a quella che, a parer mio, è una delle storie d’amore più tristi del cinema; non solo non riusciamo mai a capire se Joi ama davvero K o meno, ma i due non possono neanche toccarsi direttamente e, inoltre, Joi fa davvero una brutta fine.
L’interpretazione dell’attrice mi è piaciuta, perché riesce ad insinuare il dubbio nello spettatore ma, allo stesso tempo, suscita simpatia e tenerezza.
In molte scene, lo spettatore riesce a simpatizzare con Joi e con la sua relazione con K, ad esempio quella in cui l’ologramma chiama una prostituta per avere un rapporto sessuale con K attraverso lei, e quella della sua “morte”, dove le sue ultime parole sono, prevedibilmente, “ti amo”.

Sylvia Hoeks interpreta Luv, una replicante al servizio di Niander Wallace, che si fida di lei a tal punto da darle un nome invece che l’usuale numero di serie.
Luv è il tuttofare di Wallace: si occupa delle attività dell’imprenditore di giorno e di notte, sia quelle legali che quelle più illegali e pericolose.
Ho apprezzato l’interpretazione di Hoeks poiché ha unito umanità e spietatezza nel personaggio di Luv che, in quanto replicante, è appunto sia umana che macchina.
Un particolare che mi è piaciuto della recitazione di Hoeks è che sembra voler dare al personaggio di Luv anche una parte sensibile, che vede Wallace più come un padre che come un padrone, ad esempio quando copia da lui l’azione del dare un bacio prima di uccidere qualcuno.

Jared Leto interpreta Niander Wallace, CEO e fondatore della Wallace Corporation. Il personaggio di Wallace ha un grande potenziale che, a parer mio, non viene pienamente sfruttato. A lui si deve la sopravvivenza della specie umana, sia nel presente che nel futuro, e la reintroduzione dei replicanti nella società.
L’interpretazione di Leto è buona, ma credo che il doppiaggio italiano non gli renda giustizia. Ormai, Leto è abituato ai ruoli da cattivone spirituale che si abbandona alla retorica e alla saggezza, ma il doppiatore italiano arriva a farla sembrare la caricatura di un personaggio già stereotipato in partenza.

Blade Runner 2049 è ricco di personaggi che, potenzialmente, potrebbero essere interessanti, ma che non vengono sviluppati nel corso della storia, dando la precedenza a sequenze visive lunghissime e agli effetti speciali. C’è ad esempio il tenente Joshi, superiore di K, con una visione dei replicanti totalmente opposta a quella di Wallace; Mariette, la prostituta alleata con i replicanti; la stessa Stelline, la figlia su cui poggia l’intera trama, viene vista in una sola scena. Può darsi che sia stato fatto di proposito, per lasciare spazio ad un eventuale sequel; tuttavia, al momento, è da considerarsi solo come uno spreco di potenziale.

Di seguito allego la lista del cast completo e dei rispettivi personaggi:

Ryan Gosling: Joe / Agente K

Harrison Ford: Rick Deckard

Ana de Armas: Joi

Sylvia Hoeks: Luv

Jared Leto: Niander Wallace

Robin Wright: Tenente Joshi

Mackenzie Davis: Mariette

Carla Juri: Ana Stelline

Lennie James: Mister Cotton

Dave Bautista: Sapper Morton

Barkhad Abdi: Doc Badger

David Dastmalchian: Coco

Hiam Abbass: Freysa

Wood Harris: Nandez

Edward James Olmos: Gaff

Sean Young: Rachael

Gli argomenti

Blade Runner 2049 è, teoricamente, il seguito di un film uscito 35 anni prima, un film amato dagli appassionati di fantascienza e che, perciò, aveva bisogno di un degno sequel. È però consigliabile guardare la pellicola di Villeneuve come un film a sé stante e non fare paragoni con il precedente, poiché Blade Runner 2049 ne uscirebbe sconfitto ed umiliato.
Non è un brutto film, per carità, ma come ho già accennato sarebbe stato preferibile dare un po’ più di spessore e spazio ai personaggi e meno alle singole scene. Il film impiega infatti parecchio ad ingranare, risultando a tratti anche pesante, con scene che durano interi quarti d’ora e che non aggiungono niente alla trama. Quest’ultima, inoltre, poteva essere considerata originale ai tempi del primo Blade Runner; nel 2017, l’atmosfera e i temi affrontati in Blade Runner 2049 sono già stati visti molteplici volte. La cosa buona è che, proprio per questo motivo, potrebbe spingere le nuove generazioni a recuperare il primo film.
Un altro punto che avevo già accennato è che tutto il film lascia presagire uno o più sequel; questa idea la comunica specialmente il finale, in quanto ribalta tutte le carte in tavola, fa crollare ogni certezza e risulta un colpo di scena non prevedibile da tutti, proprio per il fatto che ha ancora bisogno di essere spiegato del tutto.
In sostanza, questo film si conclude con una scena che ti fa domandare quale sia stato il senso di tutta la fatica del protagonista; toglie perciò senso all’intera pellicola e, inoltre, non aggiunge niente a quella del film precedente.
Il film sembra voler mettere in mostra la bellezza degli effetti speciali e delle sequenze di combattimento, il che di per sé non è un male; il problema si pone nel momento in cui tutta la trama si basa su premesse filosofiche, sulla ricerca di sé, su cosa significhi essere umano, mentre poi nel corso del film non troviamo risposta a nessuna di queste domande, né i protagonisti fanno molto per tentare di riceverne.
Un altro elemento mancante di questo film è un villain vero e proprio; Wallace, interpretato da Jared Leto, viene visto in un paio di scene e non si può considerare neanche un vero e proprio cattivo, poiché la sua principale preoccupazione è la sopravvivenza dell’umanità e la conquista di tutto lo spazio da parte di quest’ultima. L’unica azione da villain è quella di uccidere una replicante innocente, appena nata, ma suppongo che sia una scena inserita proprio per mettere una bella freccia rossa luminosa su Wallace e dire al pubblico “ragazzi, è questo il cattivo, dovete avercela con lui”.
Rimane comunque un film che, se visto come film a sé stante, si lascia guardare volentieri, tralasciando alcune scene davvero troppo lunghe ed inutili. Il concetto dei replicanti, per chi non ha visto l’originale (ma anche per chi lo ha visto) è comunque qualcosa che affascina sempre: veri e propri esseri umani, ma creati in laboratorio, che non possono in alcun modo disobbedire agli ordini e che perciò fanno tutti i lavori più pericolosi o che gli esseri umani non vogliono fare più.

Approfondimento: i replicanti nella vita vera

La tecnologia avanza costantemente e anche abbastanza velocemente: tuttavia, possiamo escludere che, nel 2049, la nostra vita sarà come viene rappresentata in questo capitolo di Blade Runner. Non avremo cenere al posto della neve, non ci ciberemo di soli vermi e, soprattutto, non avremo i replicanti. In linea teorica, però, sarà mai possibile crearli?

Abbiamo già parlato innumerevoli volte di macchine che svolgono compiti attraverso reti neurali, intelligenza artificiale e quant’altro; c’è, però, un campo della robotica che si occupa di rendere i robot sempre più simili a noi umani, ovvero la soft-robotic, ovvero la robotica morbida. Donare ai robot un corpo simile al nostro non è un obiettivo da raggiungere per una pura questione estetica o per farli passare per reali esseri umani; è qualcosa di utile in termini pratici, in quanto i robot non possono affiancare l’essere umano in lavori potenzialmente pericolosi perché, per funzionare, al momento devono essere molto grandi e molto pesanti e, perciò, potenzialmente dannosi. La soft-robotic si occupa quindi di rendere più “morbidi” i robot, per permettere loro di convivere con gli esseri umani, senza pericoli per questi ultimi.

Ma la vera sfida nel creare dei replicanti non è decisamente nel materiale di cui siamo fatti; piuttosto, come abbiamo già accennato in altri articoli, il reale problema sta nella complessità del corpo umano. Siamo composti da milioni di cellule e non abbiamo idea di come funzionino precisamente; riprodurre, ad esempio, un cervello umano, con tutte le sue funzioni, è al momento impossibile.
Molti scienziati, tra i quali Stephen Hawking, hanno ipotizzato che, un giorno, riusciremo a farlo; d’altronde, se milioni di cellule riescono ad organizzarsi per creare un essere umano, allora milioni di piccoli sistemi infinitamente complessi possono essere organizzati per crearne un altro. Quest’ultimo, inoltre, potrà crearne degli altri, via via sempre più complessi ed efficienti.

Abbiamo anche affrontato la differenza tra le varie “macchine” che potrebbero far compagnia agli esseri umani; in questo caso possiamo riprendere in considerazione i robot, i cyborg e la manipolazione genetica, le tecnologie che conosciamo più vicine ai replicanti.
I
robot sono costruiti assemblando sensori, motori e computer per simulare il corpo umano ed i suoi movimenti. Tuttavia, siamo molto lontani dai replicanti di Blade Runner, composti di materiale biologico sia dentro che fuori; anche la robotica soffice, perciò, risulterebbe inutile.
I
cyborg, come sappiamo, sono esseri umani con parti del corpo “potenziate”. Il corpo umano viene rinforzato da parti meccaniche, cosa che lo rende ancora più forte o, nel caso di dispositivi portatili o impiantabili, efficiente. Può essere una tecnologia utile anche e soprattutto in caso di handicap; si può, ad esempio, sostituire un arto mancante con uno bionico, in grado di fare le stesse cose di quello biologico – probabilmente anche di più.
Tuttavia, in questo caso stiamo comunque parlando di esseri umani potenziati, non direttamente creati in laboratorio.
Abbiamo infine la
manipolazione genetica, che dà origine a qualcosa di nuovo, in quanto il codice genetico di un individuo viene riprogrammato per uno scopo preciso, andando a modificare alla radice l’organismo originale. Dal momento che gli scienziati hanno una conoscenza limitata di come il nostro codice genetico ci descriva, al momento sono in grado di manipolare singoli geni e non l’intero codice.

Siamo quindi ancora molto lontani dai replicanti; tutto quello che sappiamo è che, per sviluppare questa tecnologia o almeno una simile, dobbiamo prendere ispirazione dal nostro corpo. I ricercatori hanno inventato, negli ultimi decenni, robot morbidi, flessibili e addirittura liquidi, studiando ed esaminando proprio il corpo umano, composto da organi che “cambiano forma”, come ad esempio il cuore, i polmoni e le stesse cellule.
La parola chiave per il futuro sembra quindi essere “
morbidezza”: sensori, motori e computer, diventando morbidi, possono essere integrati nei corpi umani fino a far diventare il confine tra essi e i reali esseri umani sempre più labile e, chissà, magari un giorno questo confine diventerà addirittura indistinguibile, come accade tra umani e replicanti.

Considerazioni sul film

Lo ammetto, sono una di quelle persone che, davanti a film mediocri ma con degli effetti speciali pazzeschi e una buona dose di azione, s’imbambola. Aggiungiamo anche la componente tecnologica che si mescola alla filosofia spicciola, ed il gioco è fatto.
Infatti, dopo aver visto il film, alla domanda di rito “ti è piaciuto?” io ho risposto automaticamente sì. Le scene troppo lunghe e l’interpretazione di Gosling mi sono sembrate fastidiose da subito ma, in generale, sono riuscita a godermi il film.
Ammetto che, avendo visto Blade Runner 2049 prima di Blade Runner, l’idea dei replicanti mi era inizialmente quasi totalmente nuova e, probabilmente, è stata questa la chiave del mio interesse nei confronti di questo film. Tendo inoltre a provare una strana pietà per qualsiasi cosa ricordi vagamente un robot che, non si sa come mai, nei film a loro dedicati vengono quasi sempre trattati male: e gli esseri umani si meravigliano anche, quando questi decidono di ribellarsi!
Scherzi a parte, Blade Runner 2049 è, come già detto, un film godibile se visto come un film a sé stante e non come un sequel di Blade Runner del 1982: azione, tecnologia e colpi di scena ci sono, c’è anche la storia d’amore, qualche sequenza commovente e parecchie frasi filosofiche da riutilizzare come didascalia nelle foto di instagram.
Lo consiglio? Nì. Però resto in attesa di un ulteriore sequel che, speriamo, arrivi prima del 2052.

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