All’ombra della luna (in inglese: In the Shadow of the Moon) è un film thriller e di fantascienza diretto da Jim Mickle, prodotto e distribuito da Netflix nel 2019.


 

Trama

 

Il film comincia a Philadelphia nel 1988, dove svariati individui muoiono a causa di un’emorragia che disintegra il cervello e causa una massiccia perdita di sangue.
Il poliziotto Thomas Lockhart è convinto che questo caso sia un’ottima occasione per fare carriera e diventare detective; suggerisce perciò a suo cognato Holt, l’attuale detective, che le morti siano collegate tra loro.
Le vittime mostrano infatti ferite simili tra loro; una di queste, ancora morente, riesce a dare alla polizia la descrizione della persona che l’ha assalita. Si tratta di una donna afroamericana, con una ferita alla mano; Lockhart riesce a rintracciarla e la segue sotto la metropolitana.
Quando Lockhart la confronta, lei gli rivela dettagli della vita dell’uomo che non avrebbe potuto sapere; gli dice inoltre che sua moglie avrebbe partorito quel giorno, dopodiché predice la sua morte che, puntualmente, avviene. La donna muore investita dalla metro che stava passando in quel momento.
Nonostante la polizia sia confusa dai dettagli rimasti inspiegati, decide di chiudere il caso. Quella stessa sera, la moglie di Lockhart partorisce, ma muore durante il parto.

Nove anni dopo, durante le proteste contro la brutalità poliziesca, gli omicidi riprendono con la stessa modalità, tanto da far pensare ad un copycat. Lockhart che, nel frattempo, ha cresciuto da solo sua figlia e ora è detective, decide di riaprire il caso, anche in seguito alla visione di un filmato nel quale è ripresa la stessa assassina di nove anni prima, nonostante la sua morte fosse stata accertata.
Naveen Rao, un fisico, si presenta in centrale insistendo che la killer sia la stessa e che sia una viaggiatrice del tempo; la polizia non lo prende sul serio, tuttavia Lockhart, seguendo le tracce della donna, scopre che in effetti si tratta dell’originale; questa uccide per errore il collega di Lockhart, dopodiché prende quest’ultimo in ostaggio, gli intima di tenersi alla larga e scompare di nuovo.

Nove anni dopo, nel 2006, Lockhart è un investigatore privato, ed è ossessionato dal caso della viaggiatrice del tempo, teoria alla quale ora crede anche lui, e dalla scomparsa del dottor Rao, che intende ritrovare. Sua figlia, ormai adolescente, vive con Holt, e non incontra spesso il padre, che nel frattempo è diventato un senzatetto.
Lockhart trova una vittima che non è stata registrata dalla polizia e visita la moglie, che gli rivela importanti informazioni; il marito era a capo di un gruppo di nazionalisti estremisti e razzisti, che volevano “ripulire” l’America da tutti quelli che non erano bianchi.
L’investigatore si reca quindi da Holt per spiegargli la sua teoria: la donna sta viaggiando indietro nel tempo mentre questo va avanti, e la sua morte è effettivamente avvenuta nel 1988. Holt, che lo considera un pazzo, gli consiglia di farsi visitare da uno psichiatra e non lo prende sul serio; Lockhart riesce a rubare il suo badge, con il quale si finge un agente di polizia e rintraccia l’ex fidanzata del leader nazionalista, che nel frattempo era stata uccisa proprio dalla stessa killer.
Lockhart le spara, ferendola ad una mano, e la insegue, finché non la vede scomparire dentro ad una macchina del tempo; viene quindi arrestato da Holt, mentre Rao osserva da lontano.

Trascorrono altri nove anni e, nel 2015, Rao torna e rapisce Lockhart, determinato ad impedirgli di fermare le uccisioni della donna. Rao confessa di essere stato lui a sviluppare la tecnologia che la donna usa per uccidere le proprie vittime, e dice di credere fermamente nella giustizia delle sue azioni, in quanto la donna sta uccidendo con lo scopo di prevenire una catastrofe molto più grande.
Lockhart ignora Rao e riesce a fuggire, recandosi sulla spiaggia dove sarebbe apparsa nuovamente la donna. Lì la confronta nuovamente e scopre che la viaggiatrice del tempo è Rya, sua nipote, che sta nascendo proprio in quel momento.

Rya gli spiega che nel 2024 il gruppo di nazionalisti darà il via ad una guerra civile e che proprio lui, nel 2042, la convincerà ad accettare la missione di viaggiare nel passato per impedire l’inizio della guerra.
Rya sta viaggiando indietro nel tempo, apparendo ogni nove anni in ordine cronologico; dalla sua prospettiva, gli eventi del 1988 devono ancora accadere, e la sua mano non è ancora ferita.
Lockhart realizza di aver causato la morte di sua nipote e, dopo averglielo confessato, le lascia completare la sua missione.
Il detective torna quindi dalla sua famiglia e da sua figlia, che sta partorendo in quel momento, per prepararsi a crescere sua nipote perché, a 27 anni, possa tornare indietro nel tempo e compiere la sua missione.

 

Attori e personaggi principali

 

 

Boyd Holbrook interpreta Thomas Lockhart, poliziotto, detective ed infine investigatore privato. Holbrook ha l’aspetto del poliziotto stereotipato, probabilmente anche grazie al suo ruolo di Steve Murphy nella serie Netflix Narcos. Non ha però il tempo di dimostrare la sua bravura nell’impersonare un poliziotto o un detective nel corso della pellicola, dal momento che passa velocemente dall’essere un agente stimato ad un senzatetto che tutti prendono per pazzo. Sarebbe stato bello approfittare dei grandi balzi di tempo per mostrare la versatilità di Holbrook ma, sfortunatamente, lo stile recitativo sembra sempre lo stesso –ed è improbabile che, di nove anni in nove anni, di trauma in trauma, una persona non cambi atteggiamento neppure di una virgola.

Cleopatra Coleman interpreta Rya, viaggiatrice nel tempo, assassina e nipote del protagonista. Coleman, nonostante abbia meno spazio nel film rispetto ad Holbrook, riesce ad offrire un’interpretazione migliore, tanto che sin dall’inizio, nonostante venga presentata come un’assassina, lo spettatore è portato a pensarla innocente. La stabilità delle emozioni di Rya nonostante gli sbalzi temporali è pienamente giustificata, in quanto la risolutezza è quello che ci si aspetta da una militare; molto bella la scena in spiaggia insieme a Holbrook, dove mantiene lo stesso sangue freddo ma si lascia commuovere dalle parole del nonno.

Rudi Dharmalingam interpreta Naveem Rao, fisico ossessionato dai viaggi del tempo che sviluppa le tecnologie usate dalla protagonista. Anche in questo caso, Dharmalingam riesce a sfruttare appieno il suo tempo nella pellicola, partendo da un dottore poco creditato che non viene preso sul serio, fino ad arrivare a un fisico che sa di poter contribuire a migliorare il mondo. Dharmalingam riesce a dare un senso agli sbalzi di tempo con l’interpretazione del suo personaggio che, come ci si aspetterebbe, cambia totalmente ogni nove anni, ovvero ogni volta che lo rivediamo.

Michael C. Hall interpreta Holt, cognato del protagonista e detective che non crede nella teoria del viaggio nel tempo. Hall, conosciuto per il suo ruolo di Dexter Morgan nella serie Dexter e per quello di David Fisher in Six Feet Under, è il tipico uomo americano di mezz’età più preoccupato per la famiglia e per il lavoro che per la verità. Neanche la sua performance, in realtà, stupisce più di tanto; il suo personaggio sembra essere rimasto invariato durante il corso degli anni.

La pellicola, in generale, non lascia molto spazio alla performance degli attori, nel tentativo di parlare di svariati argomenti molto distanti tra loro nello spazio di 115 minuti; questo, però, è un fattore che vedremo a breve.
Ecco quindi la lista degli attori presenti nella pellicola, molti dei quali hanno avuto ruoli assolutamente marginali.

Boyd Holbrook: Thomas Lockhart

Cleopatra Coleman: Rya

Bokeem Woodbine: Winston Maddox

Rudi Dharmalingam: Naveen Rao

Rachel Keller: Jean

Michael C. Hall: Holt

Al Maini: Naveen anziano

Quincy Kirkwood: Amy giovane

Sarah Dugdale: Amy adolescente e adulta

Ryan Allen: Palmer

Tony Nappo: Clark

Philippa Domville: Arlene

Tony Craig: Sgt Williams (1988)

Gabrielle Graham: Tabitha

Julia Knope: Candice

Nicholas Van Burek: Ufficiale Redmond

Murray Farrow: Hansen

David Macinnis: poliziotto al volante (1988)

Stuart Dowling: cuoco

Jennifer Graham: conducente bus

Gregory Miller: pianista

Colton Royce: George

Billy Otis: fotografo scena del crimine

Trisha Blair: infermiera (1988)

 

 

Gli argomenti

All’ombra della luna è un film molto ambizioso: come precedentemente accennato, sembra voler parlare di quanti più argomenti sia possibile discutere in 115 minuti di film.
Inizialmente sembra un normale poliziesco: c’è un caso da risolvere, un caso un po’ bizzarro, ma si sa già che la colpevole è una sola.
C’è il lato drammatico sin da subito, quando la moglie del protagonista muore in sala parto e una delle scene immediatamente successive è quella di una bambina di nove anni che prepara la colazione per se stessa e per suo padre il giorno del suo compleanno.
Non tardano ad arrivare gli elementi fantascientifici, quando il dottor Rao si presenta alla polizia vaneggiando di viaggi del tempo; viene inoltre tirata in ballo l’astronomia e l’astrologia, poiché Rya riesce a viaggiare nel passato sfruttando i cicli lunari.
Quest’ultimo argomento, tuttavia, non viene spiegato granché nel corso del film, pur essendo l’argomento del titolo; come questo, anche gli altri elementi presenti nella trama vengono accennati e mai più ripresi.
La pellicola originale di Netflix sembra voler parlare anche di problemi sociali, come il razzismo e la brutalità poliziesca; mostra infatti un corteo di persone che, nove anni dopo gli avvenimenti iniziali, protestano ancora contro il razzismo della polizia che ha ucciso una donna di colore senza avere effettive prove che fosse la colpevole.
Tuttavia, dopo le poche scene nelle quali s’intravedono queste proteste –che non vengono neppure per un momento prese sul serio-, neppure questo argomento verrà più ripreso nel corso del film.
L’unico elemento che si può ricollegare ai problemi sociali è il gruppo di nazionalisti bianchi che Rya cerca di eliminare prima che causino una guerra civile; non vengono però spiegati i motivi che portano queste persone a creare questo movimento, né in che modo riescano a scatenare effettivamente una guerra che, a detta della protagonista, decimerà la popolazione.
Infine, l’elemento più importante del film sembra giustamente essere quello dei viaggi del tempo: come funziona, esattamente, la tecnologia che utilizza la protagonista? La vediamo in azione, sia quella usata per viaggiare nel tempo che quella utilizzata per sincronizzare i virus iniettati nelle persone che causano l’emorragia, e vediamo il dottor Rao che conduce i test mentre la sviluppa; non riceviamo mai, però, una vera e propria spiegazione, e forse è proprio questa la pecca più grande del film.

 

 

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Approfondimento: virus tecnologici

È possibile, per un essere umano, essere attaccato da un virus tecnologico? Mark Gasson, ricercatore alla Cybernetic Intelligence Research Group dell’Università di Reading, ha dichiarato nel 2010 di essere stato infettato da un virus per PC, memorizzando un virus su un chip ed impiantandoselo nel corpo. La notizia fece scalpore e ogni quotidiano online e fisico ne parlò, elogiando quello che chiamavano “il primo uomo infetto da virus per PC”.
Com’era prevedibile, si generò un’ondata di panico, dal momento che, per fare ancora più scalpore, i quotidiani parlarono della possibilità di hackerare dispositivi medici come pacemaker o impianti cocleari, che sarebbero diventati vulnerabili agli attacchi degli hacker che avrebbero potuto controllarli da lontano.
La verità, però, è che non è possibile hackerare il corpo umano utilizzando dispositivi tecnologici. La protagonista di All’ombra della luna utilizza un congegno tecnologico del quale non viene spiegato il funzionamento (cosa che, comunque, è un gran peccato) per uccidere i suoi obiettivi, probabilmente proprio perché nella realtà non c’è la possibilità di infettare il nostro corpo con virus tecnologici.
Cos’ha realmente fatto, quindi, Gasson? L’uomo ha semplicemente modificato un chip RFID cancellando i normali dati identificativi e scrivendo il codice di un virus informatico. Per intenderci, si è iniettato sotto la pelle un chip simile a quelli utilizzati per identificare gli animali domestici. Si tratta di un dispositivo minuscolo che non ha alcuna interazione con il corpo; sta fermo immobile sotto la pelle, senza modificare assolutamente nulla nel corpo di Gasson. Se viene scannerizzato, trasmette semplicemente i propri dati, come farebbe appunto un normale chip con qualsiasi altra funzione, ad esempio gli antitaccheggio dei supermercati.
Nonostante lo scalpore generato dalla notizia, non è possibile che un RFID infetto attacchi altri RFID, contagiandoli, né che un hacker prenda di mira pacemaker e altri dispositivi medici; l’unico modo di leggere il codice nell’RFID è infatti usare uno scanner apposito.
Dopo aver ricevuto innumerevoli critiche per aver diffuso una notizia quasi totalmente falsa ed ingigantita, Rory Cellan-Jones, l’autore originario del pezzo per la BBC, si è scusato, ma ha comunque sentito il bisogno di aggiungere qualche parola per tentare di dimostrare che, tutto sommato, in futuro potrebbe tornarci utile essere entrati nel panico per una simile notizia:
Penso che la storia sia valida. Perché? Perché un mondo dove la maggior parte delle persone utilizza dispositivi computerizzati all’interno del proprio corpo non è una questione di fantascienza e pone alcune interessanti domande sulla sicurezza e sull’etica.”

 

 

Considerazioni sul film

All’ombra della luna è uno di quei film che ti fa pensare costantemente cose come “Che forza! Chissà dove andrà a parare questa cosa!”, in riferimento ad ognuno degli argomenti introdotti nel corso del film. Come già detto, però, il problema fondamentale di questa pellicola è che offre domande, ma non risposte, il che è immensamente frustrante.
Guardando questo film, ho avuto la sensazione di star parlando con una persona affetta da disturbo da deficit di attenzione, che comincia un discorso interessantissimo per poi virare improvvisamente e cominciarne un altro, altrettanto interessante ma che ti lascia deluso dalla mancata conclusione del discorso originale.
Lo consiglio? No. Non lo consiglio non perché sia un film noioso, ma proprio perché non lo è abbastanza. All’ombra della luna sarebbe dovuto durare minimo tre ore; con i 115 minuti a disposizione, sarebbe stato molto meglio scegliere uno solo degli argomenti trattati e concentrare la trama su di esso.

 

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